L’onere probatorio relativo all’omessa vigilanza da parte dei sindaci spetta al curatore fallimentare

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30383/2022, ha stabilito che la responsabilità dei sindaci di una società fallita per concorso omissivo nel fatto illecito degli amministratori richiede la dimostrazione, da parte del curatore, del nesso di causalità tra l’omessa vigilanza ed il danno, nesso che può essere ritenuto sussistente se l’attivazione del controllo avrebbe ragionevolmente evitato o limitato il pregiudizio.
Nel caso di specie, il curatore del fallimento di una s.r.l. aveva convenuto in giudizio l’amministratore unico ed i sindaci della fallita per sentirne affermare la responsabilità verso la società ed i creditori sociali in relazione all’avvenuto occultamento della reale situazione economico – patrimoniale della s.r.l., il cui capitale sociale era stato completamente eroso anche attraverso il compimento di operazioni in frode alla compagine sociale ed ai creditori. A seguito di riforma in appello della pronuncia di primo grado, il curatore proponeva ricorso per cassazione. Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte rigetta le pretese del fallimento, confermando quanto statuito dal giudice di seconde cure.
Nello specifico, la Corte di Cassazione ritiene confermata la circostanza per cui il curatore non aveva dimostrato in giudizio, benché fosse suo onere, i presupposti della responsabilità del collegio sindacale della fallita. Il fallimento attore deve dimostrare, infatti, l’esistenza del danno, del suo ammontare e della riconducibilità dello stesso al comportamento illegittimo dell’organo di controllo; al contrario il sindaco convenuto deve provare la non imputabilità dell’evento dannoso alla sua condotta, mediante la prova positiva dell’avvenuta osservanza dei doveri e dell’avvenuto adempimento degli obblighi impostigli dalla legge.
Pertanto, la sentenza in commento ha ribadito che il curatore fallimentare che promuove l’azione di responsabilità contro gli ex sindaci della società fallita deve dare la prova – oltre che del pregiudizio per la società ed i creditori di quest’ultima – dell’esistenza di un rapporto di causalità fra il comportamento illecito dei sindaci ed il danno, nesso che può essere ritenuto sussistente se l’attivazione del controllo da parte del collegio sindacale avrebbe ragionevolmente evitato o limitato il pregiudizio.
L’unica eccezione, idonea a configurare un’inversione dell’onere della prova, ricorre quando vi è un’assoluta mancanza ovvero un’irregolare tenuta delle scritture contabili, le quali rendano concretamente impossibile al curatore fornire la relativa dimostrazione. In tal caso, la condotta del sindaco integra la violazione di obblighi specificamente posti a suo carico dalla legge e risulta di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio della società.
In linea generale, quindi, il sindaco non risponde in modo automatico per ogni fatto dannoso provocato dalla condotta degli amministratori ma solo nell’ipotesi in cui sia possibile affermare che, ove l’organo di controllo si fosse attivato utilmente e diligentemente in base ai poteri di vigilanza che l’ordinamento gli conferisce, il danno per la società e i creditori non si sarebbe prodotto.