È contratto d’opera se l’impresa è di piccole dimensioni

La vicenda ha ad oggetto il risarcimento dei danni da infiltrazioni verificatesi in un appartamento e nel porticato. Le comproprietarie dell’appartamento danneggiato hanno convenuto in giudizio il titolare dell’impresa che aveva effettuato i lavori di rifacimento e riparazione dell’immobile.
L’impresa convenuta si è costituita in giudizio sostenendo che il contratto doveva essere qualificato come contratto d’opera e non come contratto d’appalto e ha così eccepito l’intervenuta prescrizione dell’azione contrattuale per i vizi dell’opera, essendo decorso oltre un anno dalla consegna dell’opera ex art. 2226 c.c.
La Corte di cassazione con ordinanza n. 3682 pubblicata il 9 febbraio 2024 ha confermato la sentenza della Corte d’Appello, sottolineando che “la distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto, posto che entrambi hanno in comune l’obbligazione verso il committente di compiere a fronte di corrispettivo un’opera senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi li esegue, si basa sul criterio della struttura e dimensione dell’impresa a cui sono commissionate le opere, il contratto d’opera essendo quello che coinvolge la piccola impresa desumibile dall’art. 2083 c.c., e il contratto di appalto postulando un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto (cfr., per tutte, Cass. n. 7307/2001 e Cass. n. 12519/2010). E l’identificazione della natura dell’impresa interessata, ai fini della qualificazione di un contratto come di appalto o di opera, è rimessa al giudice di merito, coinvolgendo una valutazione delle risultanze probatorie e dei necessari elementi di fatto (Cass. n. 27258/2017 e Cass. n. 9459/2011)”.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha qualificato il contratto oggetto di causa quale contratto d’opera, correttamente applicando all’azione contrattuale per vizi dell’opera il termine di un anno dalla consegna, ex art. 2226 c.c. Sulla base di tale accertamento, insindacabile in sede di legittimità, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso delle comproprietarie dell’appartamento