La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18168 del 26 giugno 2023, torna a fare chiarezza sul tema dei controlli difensivi esercitati sui dipendenti.
Il caso prende le mosse da un licenziamento operato da una banca nei confronti di un dirigente, preceduto da tre contestazioni e relativi provvedimenti disciplinari. Il dirigente aveva contestato la legittimità del licenziamento poiché i fatti alla base delle contestazioni disciplinari erano stati acquisiti mediante un’attività di controllo invasiva. Nello specifico, il lavoratore osservava di aver subito pedinamenti, nonché un controllo sistematico della propria posta elettronica aziendale senza la sua preventiva autorizzazione.
Il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano si pronunciavano favorevolmente al lavoratore. Il datore di lavoro ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo la legittimità del licenziamento operato e delle modalità di controllo esercitate sul dirigente. La banca sosteneva, infatti, che anche solo il solo sospetto di commissione di illeciti può giustificare l’attività di controllo sulla posta elettronica aziendale.
La Suprema Corte chiarisce che i controlli difensivi possono essere esercitati anche in caso di fondato sospetto della commissione di illeciti da parte dei lavoratori. E’ necessario, però, che il datore di lavoro operi un bilanciamento tra le esigenze di protezione degli interessi aziendali e quelle di dignità e riservatezza dei dipendenti. L’attività di controllo difensivo è, dunque, concessa anche sugli strumenti tecnologici usati dal dipendente, ma deve essere attuato successivamente all’insorgere del fondato sospetto e non deve tradursi in un generale e preventivo monitoraggio dell’attività lavorativa.
Pertanto, i Giudici di legittimità ritengono che la sentenza di merito non debba subire censure e sia adeguatamente motivata. Infatti, la Corte d’Appello aveva rilevato che il controllo del datore di lavoro si era tradotto in un ingiustificato monitoraggio di tutta la corrispondenza del lavoratore. Ulteriormente, la banca non aveva informato il dirigente della possibilità che la sua posta elettronica potesse essere sottoposta a controllo.
Conseguentemente, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato dal datore di lavoro con condanna alle relative spese processuali.