La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7306/2023, torna a chiarire il confine tra legittimo utilizzo dei permessi ex lege 104/1992 e l’abuso del diritto.
Il caso prende le mosse da un lavoratore licenziato per giusta causa per essere stato scoperto a dedicare due ore della propria giornata in permesso ex L. n. 104/92 a leggere un libro in un parco pubblico. Il lavoratore ricorreva giudizialmente, impugnando il licenziamento così irrogato.
Le pronunce di merito accoglievano la domanda del ricorrente. I Giudici ritenevano che i brevi intervalli di tempo dedicati ad attività estranee alla cura e all’assistenza dei genitori disabili non fossero sufficienti a configurare una fattispecie di abuso del diritto, come contrariamente sostenuto dal datore di lavoro.
La Suprema Corte, investita della controversia, innanzitutto sottolinea la finalità dei permessi ex L. n. 104/92. Gli stessi sono, infatti, strumenti di politica socio-assistenziale ed espressione dello Stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni ai congiunti che si fanno carico dell’assistenza di un parente disabile grave.
Secondo i Giudici di legittimità, la ratio della norma non è quella di prevedere un’esatta coincidenza temporale tra l’orario di lavoro, la fruizione del permesso e la prestazione di assistenza. Al contrario, lo scopo è concedere del tempo ai congiunti da poter dedicare alle necessità e agli incombenti che connotano l’attività di assistenza di persone disabili.
Pertanto, ciò non significa che il lavoratore, durante la fruizione del permesso, deve totalmente sacrificare le proprie esigenze personali e familiari. Spetterà al giudice, con una valutazione di merito, accertare che il lavoratore ha dedicato un periodo preponderante della propria giornata in permesso alla tutela delle persone affette da disabilità, pur nella salvaguardia di una residua conciliazione con le altre incombenze tipiche della vita quotidiana.
Dunque, solamente laddove manchi del tutto un nesso causale tra l’assenza dal lavoro e l’assistenza al disabile si configurerà la fattispecie di uso improprio del permesso e, quindi, di abuso del diritto con grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede.
Conseguentemente, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma l’illegittimità del licenziamento irrogato.