Contratto Interest Rate Swap nullo per indeterminabilità dell’oggetto

Con ordinanza n. 7368 del 19 marzo 2024 la Corte di cassazione si è pronunciata in tema di nullità del contratto Interest Rate Swap, stipulato tra una banca e una società, per indeterminabilità dell’oggetto.

Nel caso di specie, una società aveva convenuto in giudizio la propria banca per sentir dichiarare, tra il resto, la nullità del contratto di swap concluso tra le parti in causa. In subordine, la società richiedeva venisse annullato il contratto di swap per vizi del consenso e, in via ulteriormente gradata, la risoluzione dello stesso per inadempimento dell’intermediario. La società richiedeva altresì la condanna della banca al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Torino respingeva integralmente le domande della società, ma la Corte d’Appello, a parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava la banca al pagamento del risarcimento del danno a favore della società. La Corte d’Appello aveva escluso che il contratto di swap fosse nullo, annullabile o passibile di una pronuncia di risoluzione per inadempimento, ma riteneva che la banca fosse stata inadempiente al dovere di una corretta e completa informazione, non essendo stato indicato, al momento del perfezionamento del contratto, l’ammontare della “commissione implicita” che avrebbe percepito l’istituto di credito. Tale commissione, infatti, secondo la Corte d’Appello risultava apparentemente esclusa dal contratto, ma, di fatto, veniva applicata dalla banca.  

La società ricorreva dunque per Cassazione lamentando l’erroneità della sentenza di secondo grado nella parte in cui la Corte d’appello aveva ritenuto che l’indicazione del mark to market, inteso come valore negativo per il cliente, non fosse un elemento essenziale del contratto, escludendo pertanto il rimedio della nullità del negozio per difetto di causa o per indeterminatezza dell’oggetto.

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso ed ha evidenziato che i costi impliciti rilevano ai fini della determinazione del valore dello strumento finanziario. Nel riprendere quanto già statuito dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 8770 del 12 maggio 2020, la Corte di cassazione ha avuto modo di precisare che, nel caso di specie, la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare che l’assenza dell’indicazione del mark to market (ossia il costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto a subentrarvi) e dei costi impliciti, nonché, di conseguenza, del valore negativo del derivato, ha inciso sulla validità del contratto, determinandone la nullità. La Corte ha altresì precisato che l’ipotesi di nullità considerata non è quella virtuale (ex art. 1418, comma 1, c.c.), bensì quella strutturale (ex art. 1418, comma 2, c.c.) inerente ad elementi essenziali del contratto. Il contratto privo delle richiamate indicazioni è infatti nullo per indeterminabilità dell’oggetto, sebbene quelle stesse mancanze possano anche incidere sulla causa del contratto.