E’ discriminazione indiretta applicare il periodo di comporto ordinario al lavoratore disabile

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11731 del 02.05.2024, ha stabilito che il licenziamento di un lavoratore disabile basato sul superamento del periodo di comporto ordinario costituisce discriminazione indiretta.

Il caso trae origine dal licenziamento di un dipendente, affetto dal 2010 da una patologia oncologica, per superamento del periodo di comporto previsto dal CCNL applicato. La Corte d’Appello di Firenze aveva annullato il licenziamento ritenendolo discriminatorio, ordinando la reintegrazione del lavoratore.

Nel confermare la decisione, la Corte di Cassazione ha sottolineato che la previsione di un periodo di comporto indifferenziato per tutti i lavoratori non tiene conto delle maggiori difficoltà dei lavoratori disabili. Tale pratica, pur apparentemente neutra, si traduce in una discriminazione indiretta poiché non considera i maggiori rischi di morbilità dei lavoratori disabili dovuti alla loro condizione. Ulteriormente, la sentenza ha evidenziato alcuni aspetti cruciali relativi al regime probatorio e al ruolo della conoscenza della malattia in capo al datore di lavoro. In tema di onere probatorio, la Corte di Cassazione ha ribadito che, una volta che il lavoratore abbia fornito elementi di fatto idonei a fondare la presunzione dell’esistenza di atti discriminatori, spetta al datore di lavoro dimostrare l’insussistenza della discriminazione. La Corte ha chiarito che tali elementi di fatto possono essere desunti anche da dati di carattere statistico, che rendano plausibile l’esistenza di una discriminazione. In assenza di una prova contraria fornita dal datore di lavoro, la presunzione di discriminazione si ritiene fondata.

Un altro punto fondamentale trattato dalla sentenza è la consapevolezza del datore di lavoro riguardo alla condizione di disabilità del lavoratore. La Corte ha sottolineato che il datore di lavoro, una volta a conoscenza della condizione di handicap, ha l’obbligo di verificare se le assenze per malattia siano riconducibili alla disabilità nota. La mancata adozione di questa verifica costituisce una negligenza significativa, che contribuisce a configurare la discriminazione indiretta. Nel caso di specie, il datore di lavoro era consapevole della patologia oncologica del lavoratore sin dal 2010, ma non ha adeguatamente considerato questa condizione nelle sue decisioni relative al periodo di comporto.

Pertanto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando l’illegittimità del licenziamento così irrogato.