Estensione e limiti del potere di controllo del socio ex art. 2476 co. 2 c.c.

Con ordinanza del 19 gennaio 2023, il Tribunale di Roma, Sez. spec. in materia di impresa, nell’ambito di un procedimento ex art. 700 c.p.c. ante causam instaurato dal socio di minoranza di una società di capitali, si è espressa in merito ai limiti del potere di controllo dei soci che non partecipano all’amministrazione ex art. 2476 co. 2 c.c.
Nel caso di specie, la società convenuta aveva posto in essere diverse condotte volte ad escludere il socio di minoranza dalle decisioni della società. Ad esempio, il socio aveva convocato delle assemblee in presenza in pieno periodo Covid senza consentire al socio di maggioranza di partecipare da remoto.
In tale contesto di esclusione di fatto del socio dall’attività sociale, la società aveva nominato un nuovo amministratore unico portatore degli interessi del socio di maggioranza. Oltre a ciò, aveva venduto cespiti societari le cui somme incassate, tuttavia, non risultavano da bilancio.
Alla luce di tale contesto, il socio di minoranza esercitava il diritto potestativo ex art. 2476 co. 2 c.c. chiedendo l’accesso alla documentazione sociale al fine di esercitare i propri poteri di controllo.
Il Tribunale di Roma ha ritenuto fondata l’azione del socio di minoranza, accogliendo le domande dallo stesso formulate sull’assunto che “(..) Tale diritto potestativo spettante al socio non amministratore, in quanto strumentale all’esercizio del fondamentale potere di controllo, non tollera limitazioni di sorta, se non quelle connesse alla generale operatività del principio di buona fede (…)”.
La Corte di merito ha ribadito che la giurisprudenza ritiene esistenti limiti in capo ai diritti di controllo del socio derivanti dai principi di buona fede e correttezza. In considerazione di ciò, devono considerarsi illegittimi i comportamenti animati da fini diversi da quelli strettamente informativi. Vi sono, infatti, diverse ipotesi di comportamenti illegittimi individuati dalla giurisprudenza, anche in relazione alla fattispecie dell’abuso del diritto.
In generale, si può affermare che “(…) sia che si invochi il limite generale derivante dai doveri di correttezza e buona fede sia che si invochi la figura dell’abuso del diritto, è certo che i soci non possano esercitare i propri diritti di controllo con modalità tali da recare intralcio alla gestione societaria ovvero da svantaggiare la società nei rapporti con imprese concorrenti: una scelta puramente emulativa o vessatoria o antisociale di tempi e modi dei diritti di controllo farebbe, infatti, esorbitare questi ultimi dallo scopo per cui sono stati concessi dall’ordinamento ai soci stessi (…)”.
Ciò detto, il Tribunale di Roma ha statuito che, nell’ottica di un giudizio cautelare, sussiste il periculum in mora qualora vi sia un ingiustificato procrastinarsi della possibilità di accesso alla documentazione sociale. Tale ritardo, infatti, “lede il diritto di controllo del socio sull’amministrazione della società e l’esercizio dei poteri connessi sia all’interno della società che mediante eventuali iniziative giudiziarie”.