La rilevanza del silenzio nel delitto di truffa

Con la sentenza n. 46209 del 3 ottobre 2023, la Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito quale tipologia di silenzio rileva ai fini della configurabilità del delitto di truffa.
Il procedimento in questione veniva instaurato nei confronti di un medico ospedaliero in regime intra moenia per non aver comunicato al proprio ospedale di svolgere anche attività professionale presso uno studio privato, inducendo così l’ente a corrispondergli lo stipendio maggiorato dell’indennità di esclusiva. Il medico veniva condannato in primo e in secondo grado per il delitto di truffa aggravata e, pertanto, decideva di presentare ricorso per cassazione. La difesa del ricorrente sosteneva che nel caso di specie vi fosse solo una mera omissione comunicativa, senza il compimento di alcun artifizio o raggiro. Secondo la tesi difensiva, quindi, la condotta posta in essere dal medico non integrava il delitto di truffa.
La Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha disatteso le argomentazioni difensive del medico, valutando infondato il suddetto motivo di ricorso. La Corte di Cassazione ha ribadito il suo orientamento in materia di truffa contrattuale, sancendo che «anche il silenzio, maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della valutazione delle reciproche prestazioni da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra l’elemento oggettivo ai fini della configurabilità del reato di truffa, trattandosi di raggiro idoneo a determinare il soggetto passivo a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe dato, in tal modo influendo sulla volontà negoziale del soggetto passivo». La Suprema Corte ha, poi, specificato che «il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro non quando si risolve in un semplice silenzio “inerzia”, ma quando si configura come silenzio “eloquente” e, cioè, quando, in rapporto alle concrete circostanze del caso, cela un determinato comportamento concludente idoneo ad ingannare la persona offesa».
In conclusione, per la Suprema Corte di Cassazione il silenzio costituisce raggiro – idoneo, quindi, a integrare il delitto di truffa – qualora celi un determinato atteggiamento fraudolentemente preordinato ad ingannare l’altro contraente, acquisendo così un pregnante significato comunicativo.